Outlast 2 è la seconda avventura del team di Red Barrels. All’epoca del loro primo successo, rivoluzionarono il panorama horror grazie all’innovativo concetto che fondeva l’handy-cam con il mondo videoludico (anche se si potrebbe dire che era già stato fatto in Project Zero, seppur in maniera diversissima). In un’esperienza quasi cinematografica, Outlast 1 è riuscito a spaventare tantissime persone soprattutto grazie all’enorme diffusione da parte dei media visivi come YouTube. Da questa esperienza positiva, è nato Outlast 2. Più spaventoso, più ansiolitico, più splatter ma afflitto da alcuni problemi non di poco conto. Noi di Gamempire.it lo abbiamo provato su PlayStation 4 e siamo pronti a raccontarvi la nostra esperienza nelle righe che seguiranno!

Outlast 2 PlayStation 4 Gamempire.it

La pazzia della fede

La storia che vivremo nel titolo di Red Barrels è quella di Blake Langermann: un giornalista investigativo che fa coppia con sua moglie Lynn. Il gioco inizia quando i due coniugi sorvolano l’Arizona rurale in cerca del villaggio natale di una ragazza incinta morta suicida. Il loro obiettivo è quello di indagare sul perché tale donna si sia tolta la vita, documentando tutto ciò che vedono su telecamera.

Purtroppo per loro, l’aereo precipita e Lynn va dispersa. Da questo punto in poi, i nostri occhi saranno quelli di Blake, il quale ci guiderà in un paesaggio di puro terrore mentre va alla ricerca della compagna perduta. Ben presto scopriremo che, in questa terra dell’Arizona, un gruppo di fanatici religiosi cristiani ha distorto il culto rendendolo una aberrazione dedita allo stupro, al massacro e all’inseminazione. Ciò ha portato ad infanticidi, omicidi, violenze sessuali e tante altre cose crudeli che avremo modo di scoprire durante il nostro soggiorno. Tuttavia tra i fedeli c’è stata una separazione poco prima del nostro arrivo, creando una sorta di branca eretica che lotta per far valere il loro credo, anch’esso distorto e pregno di violazioni dei diritti umani.

Outlast 2 crea forse uno degli scenari più terrorizzanti della scena videoludica, al pari di quello di Resident Evil 7. Mettendoci nei panni di un cameraman, il gioco ci costringe (letteralmente) a documentare alcune delle peggiori atrocità perpetrabili ad un essere umano, commesse di fronte ai nostri occhi increduli. Alcune scene sono decisamente molto spinte e piuttosto disturbanti, il che è esattamente ciò che ci si aspetterebbe dalla trama esposta poco sopra. Nulla è risparmiato agli occhi del giocatore, testimone di quanto una fede possa diventare fonte di carneficina. Questo accentuato senso di “perdita della propria sanità” è visibile sia nei vari abitanti del villaggio, sia nel nostro personaggio, il quale finirà lentamente in una spirale di pazzia, reazione naturale di chi ha vissuto un’esperienza al limite del concepibile e del razionale.

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L’introspezione è un artificio necessario in un gioco in prima persona ed Outlast 2 vuole puntare maggiormente a questo aspetto, collegando la trama con le vicende personali dei protagonisti. Il che è una netto miglioramento rispetto al precedente capitolo, dove eravamo semplicemente un giornalista senza alcun background di sorta.

Nonostante Blake rimanga essenzialmente un personaggio anonimo e privo di carattere, viene delineato attraverso i meravigliosi flashback sul suo traumatico passato. Tale narrazione permette di regolare il ritmo del gioco (che non supera le 7 ore) e di creare un’identità sui coniugi protagonisti. Ciò è stato fatto per sottolineare alcuni colpi di scena rivelati parzialmente verso il finale del capitolo, il quale comunque lascia tantissime domande senza alcuna risposta.

Il team di sviluppo ha fatto un lavoro magistrale nel proporre qualcosa di unico, malato e perverso. L’ambientazione, i personaggi e tanti dettagli vengono approfonditi soprattutto grazie ad alcune meccaniche immersive che costringono Blake a riprendere con la videocamera alcuni punti, permettendo di ascoltare un suo breve commento chiarificatore. Il tutto è orchestrato in un costante crescendo che viene intervallato solo da flashback ancora più paurosi (certe volte anche più del gioco principale). Se a ciò aggiungiamo la ricchezza di dettaglio delle varie zone, Outlast 2 è sicuramente una delle pagine più raccapriccianti del compendio sui videogiochi horror.

Corri! Scappa! C’è Marta dietro di te!

Il gameplay di Outlast 2 è forse ciò che tarpa le ali di questo titolo, relegandolo ad un’esperienza godibile e non eccezionale.

Le meccaniche del titolo sono piuttosto basilari, infatti il giocatore sarà chiamato solamente a muoversi, nascondersi, riprendere con la telecamera e scappare. Tuttavia, nascondersi sarà un compito quasi impossibile in certi momenti, perciò vi ritroverete a correre alla cieca e basta. Tale condizione distrugge tutto ciò che l’ambientazione narrativa costruisce. Il gioco presenta scenari mozzafiato con tanti motivi per cui esplorarli; tra cui documenti, riprese video da effettuare e chicche varie da osservare grazie allo splendido engine di gioco.

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Tuttavia, nulla di questo verrà visto nella sua interezza grazie alla pessima decisione di rendere Outlast 2 un simulatore di corsa. Per esempio, c’è una splendida sezione ambientata nei campi di grano che durerà all’incirca due secondi per via del fatto che il game design vi pone in una situazione dove i nemici sembrano avere gli infrarossi e riescono a vederti anche nella fitta vegetazione. E tale difetto è evidente alla difficoltà più bassa disponibile: Normale o quello che dovrebbe essere il livello adatto a tutti i giocatori.

Questa particolare meccanica è giustificata dal fatto che il nostro protagonista non può difendersi, ma anche quest’affermazione non regge. Innanzitutto, ci troviamo contro (per la maggior parte del tempo) dei semplici contadini armati di oggetti di fortuna. Sì, ci sono dei nemici palesemente fuori dalla normalità, ma il resto può essere tranquillamente quantomeno scansato come avviene nei quick time event. Invece il gioco ci costringe a vedere Blake come un idiota che non è in grado di lanciare qualsiasi oggetto contundente ai propri inseguitori, né tanto meno schivarli o bloccarli. Ciò è aggravato dal fatto che spesso e volentieri ci troviamo dentro ambienti urbani, con tavoli e sedie che potrebbero essere utilizzati almeno per guadagnare tempo. Invece, Outlast 2 preferisce farci picchiare mentre tentiamo più volte di raggiungere un punto X, tra 5-6 nemici, al fine di procedere.

Il gioco azzecca tuttavia alcune cose. Innanzitutto rende più realistica la gestione dell’inventario, permettendo al protagonista di compiere varie azioni guardando le cose che ha in tasca. Secondariamente, aggiorna la telecamera con diverse funzioni decisamente utili nel corso della nostra piccola escursione. Tra tutte, la più significativa sarebbe quella del microfono, in grado di captare i suoni attraverso le pareti. Un ottimo tool per essere furtivi che purtroppo utilizzeremo al massimo due volte, visto che l’approccio stealth non è assolutamente un’opzione in moltissime aree. L’unica nota negativa riguarda la batteria, così corta che potrebbe fare concorrenza ad uno smartphone usato assiduamente per 5 anni consecutivi, senza mai essere spento.

Outlast 2 a livello di gameplay è frustrante, ripetitivo e totalmente punitivo senza alcuna ragione logica. Nonostante ci siano elementi che invogliano il giocatore ad esplorare, vengono fatti abbandonare dalla costante presenza di nemici multipli ovunque. Le ottime ambientazioni vengono utilizzate per due secondi di corsa disperata ed immotivata. L’approfondimento narrativo, e la sua qualità, viene distrutto dal fatto che non avremo il minimo tempo per ascoltare gli ottimi dialoghi nemici. Quest’ultimi risultano poi eccessivamente vispi e reattivi per un mucchio di contadini che non hanno mai imbracciato le armi, anche alla difficoltà più bassa.

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In conclusione, qualunque sensazione di ansia e terrore viene fatta sparire da un gameplay al limite dell’odioso e dell’artificio. Ciò cozza prepotentemente contro alcune sequenze perfettamente realizzate in tutti gli aspetti. Se il tenore generale del gioco fosse stato fatto come alcuni dei momenti più terrorizzanti (e bastava semplicemente ridurre i nemici) sicuramente sarebbe stata un’esperienza più intrigante, anche da ripetere. La rovina sta nel rendere un’esperienza prettamente narrativa per forza giocosa, calcando quindi la mano su meccaniche che diventano quasi caricaturali per quanto vengono pompate.

Ambienti tetri ma estasianti

Outlast 2 luccica per il suo comparto tecnico, soprattutto nella veste grafica. Attraverso l’uso dell’Unreal Engine, i ragazzi di Red Barrels hanno creato un mondo di gioco visivamente appagante, oltre che dettagliato e originale. Prendendo spunto a piene mani dalle classiche produzioni horror ambientate in campagna, il team di sviluppo combina ambienti rurali con icone religiose in maniera eccezionale. Principalmente è proprio l’aspetto estetico a sottolineare l’estrema perversione della fede Cristiana effettuata dai cultisti. Ogni elemento è messo in un determinato modo per simboleggiare morali, precetti e versi del vangelo apocrifo creato dal santone del gioco. Al contempo però, viene espressa la differenza con gli eretici e le loro icone pagane, creando scenari diversificati, in grado di fornire un background narrativo anche da soli.

Perfino su PlayStation 4 il gioco va fluido in ogni momento, perfino nelle sezioni più affollate (come quella del campo di grano di cui parlavamo sopra). La qualità visiva non perde molto rispetto alla controparte PC, che comunque risulta superiore in vari effetti di luce/particellari. C’è chi potrebbe dire che forse c’è un eccessivo utilizzo delle aree scure, ed in effetti può sembrare così, ma in realtà è tutto funzionale all’utilizzo della Visione Notturna. Quest’ultima rende alcune sezioni molto più spaventose e generalmente il suo utilizzo principale si limita ad alcuni momenti specifici. Purtroppo è pur vero che ci sono diversi corridoi che sembrano essere stati creati appositamente per far scaricare la batteria della telecamera, già di per sé breve.

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La qualità estetica è accompagnata da un buon comparto audio, principalmente dedicato al doppiaggio. Quest’ultimo è eccellente per la maggior parte degli attori principali e rende benissimo la sensazioni di avere a che fare con un mucchio di pazzi omicidi. Le emozioni espresse attraverso le voci sono forti e ben delineate, tanto da sembrare provenienti da un vero e proprio incubo. Il gioco sfrutta al meglio il surround (e quindi vi consigliamo le cuffie) per instillare la sensazione che ci sia qualcuno sempre presente alle vostre spalle. Ciò è evidente in alcune zone create specificamente per far assaporare il terrore proveniente dal comparto sonoro, come avviene nella nostra prima visita al villaggio.

Per quanto riguarda i menù ed i controlli, i primi sono praticamente assenti mentre i secondi sono basilari e principalmente relegati al movimento. Forse su PlayStation 4 si sarebbe potuto gestire meglio il menù del touchpad, ma alla fine inficia ben poco sull’esperienza generale di gioco. Molto carino invece l’espediente di registrare realmente le clip che effettueremo con la telecamera, facendo comparire esattamente i movimenti che effettueremo nella registrazione. In aspetti come questo, ci sono nascoste naturalmente meccaniche che permettono la condivisione sui vari media, strumento principale del successo del primo capitolo.

Conclusione e commento dell’autore

Outlast 2 di Red Barrel è uno dei survival horror più spaventosi e maturi del genere. La trama è ottima e pregna di eventi disturbanti/violenti; i personaggi sono caratterizzati anche attraverso l’utilizzo di flashback interattivi e traumatici. L’ambientazione è curata e ben differenziata a seconda dello “schieramento” in cui ci troveremo, dando ampio spazio a scorci visivamente appaganti frutto soprattutto della creatività del team e dell’ottimo comparto tecnico.

Il tutto però viene letteralmente affossato da un gameplay ridicolo e contrario a ciò che la narrazione del gioco vuole far presumere. Lo spazio che sarebbe dedicato all’esplorazione, indicato dai vari documenti sparsi per il gioco, viene annullato da un continuo obbligo a correre all’impazzata per raggiungere l’obiettivo o, nel peggiore dei casi, rimanere bloccato al fine di ritentare. Tutti gli elementi estetici vengono sminuiti dalla fretta che il titolo mette piazzando una moltitudine di nemici da cui non ci potremo difendere, nonostante non siano una minaccia. Outlast 2 perde dunque l’occasione di essere un’esperienza terrorizzante per puntare eccessivamente su elementi ludici totalmente senza senso, lasciando da parte l’ottima narrativa che fatica a farsi apprezzare.

Sicuramente si tratta di un prodotto capace di terrorizzare i giocatori e di tirare fuori sequenze impressionanti, ma poteva essere molto meglio se fosse stato meno punitivo. Bastava solamente anche rendere più intelligenti le meccaniche per la furtività, ridimensionare i nemici (tenendoli sempre come minacce) e si avrebbe avuto ciò che sarebbe stato uno dei migliori giochi horror degli ultimi anni. Oltretutto, se si vuole rendere più “gioco” un titolo simile, bastava inserire elementi diversi dal semplice nascondersi/fuggire, come enigmi o altri meccanismi che abbiamo visto nel panorama generale.

Personalmente, lo ritengo un enorme passo avanti rispetto al passato, ma allo stesso tempo trovo che sia troppo altalenante. Ci sono stati momenti in cui mi ha provocato perfino la nausea, ma altri volevo solamente smettere di giocare per colpa della noia. Uno di questi è quando bisogna andare al generatore per attivare l’ascensore, forse il pezzo più mal realizzato dell’intero gioco. Tutto sommato però lo consiglierei a chi davvero apprezza questa tipologia di videogame e sia disposto a sorvolare su alcune evidenti lacune.

 

 

No Lo sconsigliamo a tutti!

Recensione Breve