Io non uccido per divertimento

I lupi ululano, la neve bianca mi affossa nella sua morbidezza e una tormenta gelida mi avvolge il volto. Sono sul terreno di caccia dei lupi, mi sento osservato dalla più pericolosa di essi.
All’improvviso l’ululare dei lupi lascia spazio a un silenzio irreale, sento uno sparo in lontananza e il sibilo di un proiettile che per poco non mi colpisce in pieno. Sono vivo perché lei lo ha voluto, sta solo giocando con me, mi sta sfidando, e su questa bianca landa desolata non posso fare altro che imbracciare il mio PSG-1 e raccogliere la sfida di Wolf.

Rialzatomi in fretta dopo essermi tuffato per schivare il proiettile, cerco un posto coperto e vengo rintracciato immediatamente via CODEC da Otacon che sembra quasi felice di sapere che Wolf mi stia sparando addosso, credo di aver capito di chi si sia innamorato il mio amico dottore.

“Snake… Per piacere, non ucciderla!”

“Ma sei matto?”

“Ti supplico. Lei è buona! Se avessi parlato con lei, lo sapresti anche tu.”

“Stammi a sentire, ragazzo: quella è una spietata assassina.”

La indisponente chiacchierata con il mio amico innamorato viene interrotta bruscamente da Sniper Wolf:

“Ti vedo perfettamente da qui. Te l’avevo detto: non avrei mai rinunciato alla caccia. Ora sei mio.”

Poi, rivolgendosi a Otacon che le chiedeva con voce affranta di non farlo:

“Non metterti fra un lupo e la sua preda!”

Lasciando Otacon innamorato affrangersi nel suo dolore, mi rivolgo direttamente a Wolf:

“Sei piuttosto in gamba se riesci a colpirmi in questa tormenta.”

“Visto? Le donne sono per natura soldati migliori. Snake, ormai ci sono.
Non senti che mi sto avvicinando?”

“È un errore per un tiratore scelto rivelare la propria posizione.”

“Oh, sul serio? Allora, mio caro, ti manderò una lettera d’amore. E sai di che si tratta? Di un proiettile, dritto dal mio fucile al tuo cuore.”

Ancora una volta Otacon prova a far desistere sia me che Wolf dall’affrontare questo scontro, ma sia io che lei siamo soldati e viviamo per momenti come questo. Inoltre, io devo vendicare Meryl per il trattamento che ha ricevuto.

Lo spazio nel quale Sniper Wolf può muoversi, stavolta, è assai superiore rispetto al nostro scontro precedente e devo quindi stare molto attento ai suoi spostamenti, tanto osservandola dal mirino del mio fucile, quanto a occhio nudo, cercando, nonostante la tormenta, di seguirla tra la neve e gli alberi dietro ai quali si nasconde.

scontroconwolf

Riesco a colpirla, non in pieno purtroppo, qualche volta, prima di rendermi conto, guardando dal mirino del PSG-1, di stare tremando. Cerco di convivermi che sia il freddo e provo a cercare un posto maggiormente riparato, per quanto possibile. Cerco di ritrovare la concentrazione e la fermezza, ma non riesco. Il gelo, ma soprattutto la tensione, mi stanno giocando un brutto scherzo e sono quindi costretto, mio malgrado a ricorrere ad alcune medicine assai diffuse in questo ambiente, e fortemente indicate per i cecchini (la stessa Wolf ne consuma moltissime).
Metto nella mano tremante qualche pillola di Diazepam e cercando di non sentirne il saporaccio la butto giù, sperando che il tremolio delle mie mani cessi il più in fretta possibile.

Mi sposto ancora qualche volta da una postazione all’altra, cercando di nascondermi dal campo visivo, e dalla canna di fucile, di Wolf. Ad un tratto un brivido caldo mi percorre la spina dorsale e tutto ciò che mi circonda mi sembra meno opprimente, probabilmente il Diazepam ha iniziato a fare effetto e, imbracciando il fucile e guardando dall’ottica dello stesso, capisco che è arrivato il momento di mettere fine a questo scontro.
Approfittando di un momento in cui Wolf non riesce più ad avermi nel suo campo visivo, riesco a spostarmi e posizionarmi sulla neve bianca pronto a colpirla, lontano dal suo sguardo. Imbraccio il fucile e appoggiando la guancia destra al calcio tiro un respiro profondo. Vedo perfettamente la figura di Sniper Wolf dalla mia posizione.
Fuoco!

Un urlo di donna squarcia l’inverosimile silenzio che regnava attorno alla distesa bianca di neve sulla quale ci siamo scontrati.
I lupi hanno ripreso a ululare.

Poso il fucile e a passi lenti mi avvicino a Wolf, distesa su quella neve che prima era bianca e ora è di un colore rosso acceso attorno a lei che sanguina copiosamente.

“Io… Io aspettavo da tempo questo momento…
Sono un cecchino. Aspettare fa parte del lavoro…
Tutti i muscoli immobili… La concentrazione…
Mi hai beccato al polmone. Non puoi salvarmi… Ti prego… Finiscimi.”

Sembra che Wolf dopo tanta attesa sia pronta a raccontarmi la sua storia, come se se la fosse tenuta dentro per anni, aspettando la persona giusta alla quale raccontarla. Rimango in attesa delle sue parole, sapendo di non essere il solo ad ascoltarla, oltre a me non ci sono solo i lupi attorno a lei.

“Sono curda. Ho sempre sognato un posto pacifico come questo…”

“Curda? Ecco perché sei chiamata Wolf…”

“Sono nata su un campo di battaglia e li sono cresciuta.
Proiettili, sirene e urla… Sono stati la mia ninna nanna…
Cacciati come cani, giorno dopo giorno… Messi in fuga dai nostri miseri ripari…
Questa era la mia vita.
Ogni mattina mi svegliavo… E scoprivo che qualcun altro della mia famiglia, o dei miei amici, era morto. Io alzavo lo sguardo al sole e pregavo, pregavo di restare viva per un altro giorno.
I governi del mondo hanno chiuso gli occhi difronte alla nostra tragedia.
Poi… È arrivato lui. Il mio eroe… Saladino… Che mi ha portato via da quell’orrore…”

“Saladino? Vuoi dire Big Boss?”

“Sono diventata un cecchino… Nascosta, osservavo tutto attraverso il mio mirino.
Ora potevo vedere la guerra non da dentro, ma da fuori, da osservatrice…
Guardavo la brutalità e la stupidità della razza umana dal mirino del mio fucile.
Mi sono unita a questo gruppo di rivoluzionari per avere la mia vendetta sul mondo.
Ma… Ho tradito me stessa e il mio popolo. Non sono più Wolf, il lupo che volevo essere… Nel nome della vendetta ho venduto il mio corpo e la mia anima. Ora… Non sono nient’altro che un cane.”

“I lupi sono animali nobili, non sono come i cani.
I mercenari come noi sono chiamati cani da guerra.
È vero, siamo tutti in vendita per un prezzo o per un altro.
Ma tu sei diversa… Indomita… Solitaria.
Tu non sei un cane… Tu sei un lupo.”

“Chi sei tu? Sei Saladino?”

“Wolf, hai risparmiato la vita di Meryl.”

“Lei… Lei non era il mio bersaglio. Io non uccido per divertimento.”

“Riposa in pace: morirai da lupo orgoglioso, quale sei…”

“Finalmente ho capito. Non aspettavo per uccidere la gente… Aspettavo che qualcuno uccidesse me… Un uomo… Come te… Tu… Sei un eroe. Per favore… Liberami.”

Mi alzo, e armata la mia pistola, finalmente la figura di Otacon, fino a quel momento rimasta a guardarci nascosto dalla sua mimetica ottica, si palesa accanto a noi, manifestando apertamente il proprio amore per Wolf.

otacon

Prima di morire la donna mi chiede come ultimo favore di porgerle il suo fucile, cadutole lontano dalla pozza di sangue nella quale è adesso riversata. Otacon prontamente lo raccoglie e le porge l’arma che il cecchino considera come “una parte di sé”.
Poi, mentre gli ululati dei lupi che ci circondano si fanno sempre più potenti, si rivolge nuovamente a me:

“Okay… Eroe… Liberami!”

Resto un attimo immobile prima di spararle, giusto il tempo di concedere ad Otacon le ultime parole di addio alla donna mentre si gira e si tappa le orecchie nel tentativo di negare la realtà dei fatti. Poi sparo.

Inginocchiatomi poi accanto alla donna le avvolgo alla testa il suo fazzoletto precedentemente consegnatomi da Otacon, dicendogli che a me non serve, perché io non ho più lacrime da versare.

Salutando Otacon per l’ennesima volta, ci aggiorniamo sulle rispettive destinazioni per poi separarci nuovamente. Mentre mi allontano il dottor Emmerich si rivolge ancora una volta a me ponendomi l’ennesima bizzarra domanda di questa missione:

“Snake!! Per che cosa combatteva lei? Per che cosa combatto io? Tu… Per cosa combatti tu?”

“Se ce la faremo, te lo dirò!”

Poi, dopo un momento di silenzio in cui gli ululati dei lupi la fanno da padroni, sento in lontananza ancora una volta la voce di Otacon:

“Okay. Cercherò di capirlo per conto mio.”

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