Fin da quando è uscito, Anthem non è stato accolto positivamente. Presentato come un tripla A, open world cooperativo, il gioco è stato mostrato in tutte le salse da Bioware prima di uscire ufficialmente sul mercato. Questa eccessiva pubblicità è stata però, forse, dannosa per il gioco stesso perchè le aspettative non sono poi coincise con il risultato finale. Attorno al nome della software house non veleggia più il marchio di ottimi sviluppatori, tutt’altro, e dopo il fallimento di Mass Effect: Andromeda qui erano chiamati al riscatto, riuscendoci solo in parte. Cercheremo di capire come mai un titolo con un budget così importante non riesce a sfondare, e come lui molti altri in questo genere faticano e non riescono a farsi strada.

Le critiche

Per Anthem le critiche sono state tante e talvolta anche ingenerose. Si è passati dalle critiche per un endgame scarno, a quelle rivolte per i caricamenti troppo lunghi, ad altre per i loot, e così via.

La verità è che ci sono critiche costruttive e critiche distruttive, critiche sensate e critiche infondate. Ma mentre criticare Anthem per la mancanza di endgame, significa non comprendere appieno il gioco e non aver visto neanche la roadmap dei contenuti previsti con gli aggiornamenti futuri. Criticare Anthem invece per gli eccessivi caricamenti, ha una sua motivazione e di certo ci può stare.

In parte colpa di un motore ormai datato come il Frostbite, gli sviluppatori hanno cercato di metterci una pezza sopra cercando di rendere meno pesanti le fasi di gioco in cui per un motivo o per un altro, bisogna per forza far partire un caricamento. Ma poco si può fare qui, e questa lentezza è andata ad impattare pesantemente sulla fluidità del gameplay e delle scelte di gioco. Far apparire dei caricamenti solo perchè si deve entrare in una grotta, o per cambiare un’arma o un’armatura dalla fucina, inizialmente si possono tollerare, ma alla lunga possono stancare qualsiasi giocatore. Così, le critiche aumentano e diventano insostenibili tanto da far dichiarare agli sviluppatori, che queste stesse critiche li demotivano, con la conseguenza che portare avanti aggiornamenti o qualche novità per loro si dimostra più arduo come compito.

Anthem è solo l’ultimo esempio tra gli insuccessi che hanno colto questa tipologia di giochi. Nei mesi scorsi anche Bethesda è entrata in questa categoria con il suo Fallout 76. Anche noi di Gamempire abbiamo visto da vicino l’andamento del gioco e gli abbiamo dato ampio spazio ( qui ), motivo per cui non ci ritorneremo. Fallout 76 si aggiunge a questa categoria: i GaaS.

La community può aiutare

Come dicevamo ci sono critiche e critiche. In questi giorni stiamo assistendo all’uscita di The division 2. Il gioco può vantare adesso un gameplay solido e collaudato in questa nuova versione, ma forse pochi si ricordano cosa successe effettivamente con il primo. All’uscita fu un successo di vendite nei primi giorni per poi andare a calare poco a poco, per colpa di problemi con i server, per l’eccessiva ripetitività e per i costi del pass e delle singole espansioni. Le critiche non mancarono e gli sviluppatori si chiusero in un silenzio di mesi, si rimboccarono le maniche e cercarono di migliorare il gioco.

Se adesso The Division 2 ha questo gameplay lo si deve proprio a questa fase precedente e alle critiche mosse, in buona parte costruttive. La community ha giocato un ruole fondamentale. Con i costanti feedback lanciati agli sviluppatori si è riusciti ad aggiustare il tiro, migliorando il prodotto dove era deficitario.

Discorso simile anche con Destiny. La versione vanilla fu molto scarna, nonostante un ottimo gameplay, fu aspramente criticata, per poi rifarsi successivamente con le uscite dei dlc, davvero eccellenti. Anche qui la community ha giocato un ruolo importantissimo con Bungie che si è fatta trovare pronta a raccogliere i feedback. Quando invece si è provato a cambiare rotta, con il secondo capitolo, non è stato un successo. Conservare ciò che si era fatto di buono con il precedente capitolo e migliorarlo, sembrava la scelta più naturale, ma si è scelto un cambio di rotta, rivolgendosi ad un pubblico più ampio.

Destiny 2 all’uscita è stato reso troppo “facile” dal punto di vista del drop, facendo disaffezionare anche gli utenti più legati al brand. Senza contare che la cosa poi, non ha avuto gli effetti sperati neanche con l’utenza più generica, facendo registrare periodi di bassissima presenza su i server del gioco. Solo con l’uscita di Forsaken, che riprende molte delle meccaniche del primo e le migliora, si è avuto il cambio di passo, tanto da poter annoverare questo Dlc come una sorta di espansione del primo Destiny piuttosto che del secondo.

Il futuro

Qui allora è legittimo pensare che non solo per Bioware, ma in generale, vi sia un problema. Forse si è davvero arrivati al capolinea per questa tipologia di giochi? Oppure è solamente una fase transitoria? Oppure, ancora, ci sono troppo pressioni delle case di produzione per fare uscire questi giochi quando ancora sono incompleti?

Sicuramente allo stato attuale delle cose i GaaS hanno parecchie cose da rivedere, viste le ultime uscite come detto non tutte riuscite. Viaggiare sempre più in bilico, sta diventando per loro la normalità, tra costi di produzione enormi e concorrenza schiacciante dei suoi rivali più acerrimi: i battle royale.

Se EA si sta riprendendo finanziariamente, dopo gli insuccessi e le critiche ricevute da Mass Effect: Andromeda e soprattutto dal caso Star Wars Battlefront 2, lo si deve non certo ad Anthem, come abbiamo visto, ma ad un free to play: Apex Legends. Sembra incredibile vedere come una software house come Respawn possa ottenere tanti consensi dopo il flop di Titanfall 2. Eppure non erano di certo scarsi prima e non sono supereroi adesso. La verità è che popo PUBG e Fornite, anche Apex entra di diritto nell’Olimpo dei giochi da fatturati altissimi, da miliardi di dollari che solo all’apparenza sono gratis.



Senza ombra di dubbio sono i giochi più giocati e più stremmati, attirano tantissimo pubblico e fanno creare leghe apposite per la competizione. Senza perderci però con quest’ultima categoria, annotiamo che con la loro ascesa, di fatto è sceso l’interesse per i GaaS, soprattutto dei cosidetti casual gamer, che probabilmente hanno scelto Fortnite e Apex come giochi. Solo un caso? Difficile.

Buoni propositi

Ma allora cosa possono fare i Gaas per rimediare? La situazione è complicata, e agli sviluppatori non resta altro che rimboccarsi le maniche per trovare altri giocatori e nuove idee, proprio come hanno fatto Ubisoft e Massive con il primo The Division. Per farlo dovranno saper trovare stimoli nuovi, cercando di coinvolgere maggiormente la community che a volte se ascoltata può rivelarsi un’arma in più. Non sarà facile è sarà una sfida questa che può segnare una nuova fase. Il successo o l’insuccesso per questa tipologia di giochi, passerà anche dal futuro di Anthem e The Division 2 non solo per le rispettive software.