Il panorama videoludico in Italia è molto più approfondito di quanto si pensi. Negli ultimi anni associazioni come AESVI, Vigamus ed altri hanno lavorato sodo per dare spessore a questo settore dell’intrattenimento, il quale è in grado di regalare un valore culturale/artistico/ludico unico. Il videogioco è, ancora oggi, una vera e propria rivoluzione del mondo digitale soprattutto se si considera la recente ondata di strumenti per la realtà virtuale: il nuovo obiettivo pionieristico che l’industria si pone.

Purtroppo però, come per molte altre realtà della nostra penisola, tali valori sono sconosciuti alla media dei suoi abitanti e fruitori. Uno dei motivi può essere sicuramente la scarsa attitudine culturale in merito, sintomo di uno stato di arretratezza generale che imperversa nella nazione, ma più che questo la causa più probabile è relativa alla superficialità con cui ci si approccia al videogioco. È piuttosto comune, infatti, vedere tanti giocatori acquistare una console per godersi il solito titolo calcistico senza esplorare altri generi, se non sporadici sparatutto o Grand Theft Auto. Ciò non è necessariamente un atteggiamento sbagliato o da condannare, ognuno possiede i propri gusti e può fare quello che vuole con le sue finanze e possedimenti. Tuttavia, se ciò rappresenta veramente la tendenza generale del videogiocatore medio del nostro paese, l’industria ne soffre in maniera incredibile proprio perché non gli si da l’opportunità di crescere nella sua interezza, visto il totale disinteresse verso tutto ciò che non sia calcio o pallottole. Tale meccanismo porta, per esempio, alla presenza minore di traduzioni italiane per titoli con budget limitati.

Idealo, uno dei portali più famosi per il confronto di prezzi nel suolo italiano, ha recentemente condiviso alcuni dati relativi a ciò che gli utenti di quest’ultimo cercano nei loro acquisti. Il dato indicativo riguarda proprio il fatto che le cifre più esorbitanti vengono da PlayStation e FIFA: il 71,8% delle ricerche coinvolgono prodotti PlayStation mentre il 61% dei titoli acquistati su console è dominato da FIFA 17 (l’11% invece va a GTA V). Queste stime vengono verificate anche dal premio Drago D’Oro, il quale è da due anni che elegge FIFA come “Titolo più Venduto” attraverso un riconoscimento che si basa sui dati di vendita di diversi rivenditori del paese.

Queste cifre sono stupefacenti per via del loro netto distacco dal resto delle altre offerte, perfino in un anno in cui abbiamo avuto titoli di spicco come Horizon Zero Dawn, Nier: Automata, Nioh, Zelda Breath of the Wild e molti altri. Sembra, in linea di massima e nell’accezione più ampia, che in media molte persone siano soddisfatte principalmente da due requisiti: una PlayStation 4 e FIFA. Essenzialmente il marketing di Sony, sul suolo nazionale, è stato sempre più aggressivo e presente rispetto alle sue controparti, basti pensare agli spot o ai cartelloni pubblicitari a bordo campo. Effettivamente chi non conosce il settore tende a definire tutto come “PlayStation”, proprio come un genitore inconsapevole che redarguisce il figlio scambiando un Nintendo 3DS per l’ammiraglia di Sony. Tale fenomeno è  uno di quelli che spiegherebbero la massiccia frequenza di questa console tra le vendite, senza concentrarci su qualità, prestazioni ed altri parametri che al momento non ci interessano.

La presenza di FIFA è semplicemente la conseguenza diretta dello Sport nazionale italiano, il quale accomuna tutti sotto un’unica bandiera: il calcio. Non si può certo dire che quest’ultimo sia sempre fonte d’ispirazione, soprattutto nei riguardi delle tifoserie estreme che spesso hanno portato ad episodi di discriminazione, odio, razzismo e molte aberrazioni che nulla c’entrano con lo sport vero e proprio. Tuttavia, la “cultura calcistica” attuale risulta quasi una forzatura, una costrizione che ostracizza chi non segue il calcio e chi non tifa la propria squadra del cuore. Dalle elementari fino al bar sotto casa, il calcio è un’argomento di discussione, un parametro sociale ed uno sfoggio di appartenenza. Ciò ha trasformato la passione in ossessione, tanto da creare intere generazioni di individui che accantonano tutto pur di pensare a questo sport. E no, non parlo di chi vuole fare il calciatore.

Una “colonna culturale” così rilevante, nel bene e nel male, non può far altro che influenzare le scelte d’acquisto in ogni settore. E quale intrattenimento migliore, oltre allo stadio, vi permette di avvicinarvi ai vostri beniamini? Esatto, proprio il videogioco.  Quest’ultimo ogni anno si è evoluto sempre più verso il realismo e l’esperienza più ludica possibile, garantendo ore ed ore di divertimento. Non stupiscono perciò le varie novità introdotte dal franchise di FIFA, come la modalità Storia o le carte acquistabili in memoria degli album Panini. Tutto per garantire l’esperienza migliore per i giocatori fedeli, mentre PES risulta un’alternativa più valida per le persone che cercano tecnica e sfide un po’ più impegnative.

Tutti noi, in un modo o nell’altro, abbiamo giocato almeno una volta ad un FIFA, magari anche su PlayStation. Perfino chi adesso dichiara di odiare il calcio lo ha fatto, probabilmente a casa di un amico durante una festa o un pomeriggio di svago. A favore della diffusione del franchise c’è sicuramente proprio la facilità e la velocità con cui si può avviare una partita, ottimo per chi non ha molto tempo da dedicare al gioco o per chi vuole sfidare gli amici. La sensazione adrenalinica, la competizione e la possibilità di rivivere le gesta viste in TV sono stati alcuni dei mattoni che hanno costruito il pilastro del successo dello sportivo di Electronic Arts, la quale è stata attenta a sfruttare le tendenze giovanili per guadagnare sempre di più.

I tempi però sono cambiati rispetto a molti anni fa e l’offerta videoludica adesso è diventata più vasta, complessa e comprensiva perfino di titoli indipendenti. Un mercato così florido dovrebbe essere in grado di falciare via i simulatori sportivi dalle vendite, proponendo titoli molto più interessanti e con uno spessore maggiore. Effettivamente, come evidenziato, la ricchezza di prodotti è più che presente eppure l’italiano medio continua imperterrito a schifare tutto ciò che non sia l’immediatezza del pallone, mentre all’estero le classifiche variano periodicamente. Ciò è evidente soprattutto in confronto a paesi come l’America, che non possiede un così alto tasso di vendite per un gioco sportivo, nonostante la passione ardente per Madden ed il Rugby.

La spiegazione risiede nel triste fatto che del videogioco, in Italia, se ne sta iniziando a parlare solo negli ultimi anni. Se la stampa tradizionale continua imperterrita ad uscirsene fuori con articoli che collegano Assassin’s Creed all’ISIS, se le persone vanno al GameStop comprando roba a casaccio e indignandosi successivamente, se online leggiamo certi commenti al limite della grammatica e del buon senso, è proprio perché non c’è una cultura accessibile dietro questa forma d’intrattenimento. O meglio esiste ma al momento è rilegata a pochi sani di mente che hanno il buon senso di seguire ciò che li appassiona in maniera intelligente. Mentre in passato il medium videoludico era considerato il passatempo per pochi asociali, ora è diventato una vera e propria colonna del mondo moderno che ha sbocchi in tanti altri settori, soprattutto grazie all’avvento dei social e del mercato mobile.

Non ci si può più permettere di passarlo sotto l’atteggiamento retrogrado da paesino sperduto nelle montagne, come si fa con tanti altri argomenti ben più seri. Soprattutto se la cultura che esso trasmette è così ampia e profonda da riuscire a fornire esperienze uniche, emozionanti e riflessive, in grado perfino di far maturare una persona e di farla riflettere su tematiche importanti.

Il problema non è dunque se la gente compra FIFA o se a qualcuno piace questa tipologia di videogame. Non è sbraitando contro questi individui che si riuscirà a fargli apprezzare il mondo videoludico nella sua interezza. Piuttosto il problema risiede in questa sorta di velo che ricopre il concetto di videogioco, mascherandolo in un’apparenza da passatempo leggero e mefitico che non porta nulla di utile a nessuno, anzi alle volte invoglia pure le persone ad uccidere i loro parenti! Tale mantello di menzogne e calunnie va strappato utilizzando proprio la cultura digitale che cerchiamo di promuovere, trattando il videogioco come qualcosa di serio e dal valore culturale pari al cinema o alla letteratura. Solo diffondendo le bellezze del panorama ludico si può permettere alla gente di interessarsi, di scoprire e di capire che c’è molto di più oltre ed all’interno di FIFA.

Nel nostro paese, purtroppo, questa è una missione ardua che sta venendo intrapresa da tante associazioni, che ancora oggi tentano di diffondere il messaggio in maniera più evidente. L’opposizione è data solamente dalla superficialità dei giocatori stessi, atteggiamento che risiede in dinamiche sociali stantie in grado di gettare via la cultura, l’interessamento e la comprensione. Questo male è ben radicato nel nostro paese, che via via va sminuendo qualsiasi forma d’intelligenza senziente a favore della praticità. E’ anche in parte colpa proprio dei social e di Internet, che spesso fanno da cassa di risonanza per opinioni ed argomentazioni al limite del sensato, raccogliendo insieme ignoranza, idiozia e approssimazione.

L’appello è dunque urgente e mirato alle generazioni future: esplorate il videogioco, non fermatevi alla superficie e osservate bene il panorama di fronte a voi, senza fossilizzarvi in lotte inutili tra console. Coinvolgete chi vi sta intorno, informatevi e non abbiate timore di parlarne, civilmente, con chi lo ritiene un qualcosa di negativo. Solo diffondendo il corretto utilizzo del medium sarà possibile rendere il videogiocatore italiano un utente consenziente, in grado perfino di promuovere e valorizzare le iniziative ludiche della sua nazione. Aiutiamo i nostri piccoli team di sviluppo cambiando la mentalità della gente, facendo vedere che al settore culturale del paese interessa il videogame come forma di comunicazione, intrattenimento e approfondimento.