Le fondamenta sociali, tecnologiche e istituzionali sono crollate ed il genere umano si è ritrovato in una realtà inaspettata. In questo contesto vige la totale anarchia e il pianeta terra non è più il mondo ospitale che noi tutti eravamo abituati a vivere.

Uno scenario del genere dovrebbe mettere una certa ansia, ma a quanto pare la maggior parte dei videogiocatori brama di vivere realtà che possano essere sovrapposte a quella appena descritta. Non solo il mondo videoludico, ogni tipo di media negli ultimi anni ha strizzato l’occhio allo scenario post-apocalittico. Uno scenario che potrebbe essere visto come un incubo se dovesse presentarsi realmente davanti ai nostri occhi, ma fonte di avventure e misteri se avvolto nel pacchetto di un media interattivo.

Non serve viaggiare granchè con la mente per riportare la memoria a qualche titolo post-apocalittico giocato di recente. Borderlands? Rage? Oppure l’ultimo arrivato Days Gone? Ogni piattaforma presenta alternative degne che prendano spunto dai mondi più terrorizzanti, in cui l’uomo non è più padrone ma la sua brama di superiorità lo spinge a riprendersi ciò che una volta era suo.

La post apocalisse è una moda o qualcos’altro?

Ma come qulsiasi moda, anche questo tema dovrebbe scadere nel breve termine. Non è assolutamente così. Sono decenni che i mondi selvaggi frutto di guerre mondiali o epidemie continuano a fornire banconote alle software house di tutto il mondo. Sin dalla settima generazione di console sono i giochi post- apocalittici che hanno lasciato più di tutti un segno nella nostra anima da videogiocatori. VI dicono niente titoli come Fall-out o The Last of Us?. The Walking Dead della Telltale? Ma potrei aggiungere anche Left 4 Dead, Dead Island, Deadrising e infiniti altri alla lista. Questo tran- tran anche monotono continua tutt’ora, con un 2019 in cui abbiamo avuto un vero e proprio boom di giochi facilmente considerabili come fotocopia dal punto di vista del tema: Rage 2, Metro Exodus, Farcry New Dawn, Days Gone. E non vi sto parlando dell’intero anno, mi riferisco solamente agli ultimi mesi. Con un po’di pazienza potremmo mettere ulteriore carne al fuoco con l’arrivo di Borderlands 3, The Outer Worlds e Gears 5. Un’industria che sembra essere stregata dalla post- apocalisse, ma cosa fa di essa un elemento così efficace?

La riscoperta dell’essenza umana

The Walking Dead, soprattutto nella serie a fumetti, si è reso portavoce principale di un preciso messaggio sociale. L’umanità ha bisogno di riscoprire se stessa in quanto tale, liberandosi di alcune barriere che gli elementi che ci circondano hanno costruito. Vi capita mai di sedervi al bar ed osservare le persone sedute ai tavoli accanto? Molte di esse hanno la testa china su dispositivi tecnologici dalle svariate misure, in barba alla persona che sta di fronte a loro e che magari avrebbe piacere nello scambiare qualche parola. Il contatto tra le persone ha perso di significato, a vantaggio di una fredda comunicazione sempre più telegrafica attraverso i social network. Robert Kirkman nel suo fumetto mostra come la fine della civiltà possa essere l’inizio di qualcos’altro, un mondo rinato dove le interazioni umane diventano l’unico vero tesoro da ricercare. 

Ecco dunque che lo scenario non è più incentrato sugli zombie, ma il focus si sposta su un piano emozionale che coinvolge lo spettatore. La post-apocalisse diventa un messaggio sociale che ci indica come non si debba aspettare la fine del mondo per riscoprire il proprio lato più tenero. Nel mondo videoludico giochi come The Last of Us hanno portato questo concetto all’apice, applicando interattività ad una narrativa che vuole trasmettere un messaggio e non essere solamente di contorno. Il gameplay abbraccia il susseguirsi degli eventi, contribuendo all’immedesimazione in due protagonisti che da sconosciuti costruiscono un legame tra i più forti esistenti: il legame tra padre e figlia. L’uomo che ha perso tutto con la fine del mondo esplora il suo io più interiore e trova un nuovo motivo per vivere, per combattere e per mentire.

Anarchia

Negli anni settanta l’anarchia è stata una corrente culturale che ha coinvolto abitanti di tutto il mondo. Strani individui con creste e borchie hanno invaso le strade, con l’intento di inviare un messaggio politico, che attirava più per immagine che per consenso. La possibilità di vivere in un mondo totalmente libero da esplorare diventa appetibile. La fine del mondo rappresenta la deadline oltre il quale possibilmente qualsiasi forma vivente rimasta possa agire come le pare e piace. Giochi come Rage 2 sfruttano questa caratteristica e forniscono un mondo inesplorato, in cui divertirsi a fingere di essere il re del mondo. La libertà è sempre stato un qualcosa di ricercato nei videogiochi, e la libertà più totale trova supporto narrativo laddove la civiltà è venuta meno.

Violenza

Se la legge non dovesse esistere più, molto probabilmente torneremmo in un mondo in cui la violenza la farebbe da padrone. Memori di epoche quali il medioevo, sappiamo come l’uomo sia attratto dalla violenza come mezzo per ottenere i propri obiettivi. Freud ci ha scritto un libro su questo tema, mentre le software house continuano a sfruttarlo per aumentare i quattrini da contare. La violenza nei videogiochi appaga e se fatta bene viene celebrata più di ogni altra cosa. Violenza, co-op e Zombie è una ricetta che si è dimostrata efficace ed è stata sfruttata da molti sviluppatori. Left 4 Dead, Dead Island e Dying Light sono solo alcuni degli esempi che si possono fare. L’ambiente post-apocalittico in questo caso, oltre che fornire l’espediente zombie come oggetto per lo sfogo della violenza, offre un pretesto per dare al giocatore la posssibilità di utilizzare oggetti contundenti come armi. Anche l’immedesimazione contribuisce al successo: il più delle volte i personaggi si sono ritrovati nel mezzo della lotta, quando fino al giorno prima svolgevano un normale lavoro d’ufficio.

Il feedback nell’usare una mazza da baseball chiodata per sfracellare il cranio ad uno zombie affamato è impagabile. Ecco duqnue che questi giochi danno libero sfogo alla nostra fantasia e ci consentono di creare armi che soddisfino ogni tipo di perversione sanguinea.

La post apocalisse dunque si scopre essere un vero e proprio calderone, che contiene una moltitudine di elementi che possono essere sfruttati per fabbricare giochi che veicolano messaggi profondi, oppure con lo scopo meno pretenzioso di farci vedere litrate di sangue. Non è solamente un tema, è più che un genere, è un’istituzione che una volta preso piede, difficilmente cede terreno.