The Inpatient – I primi passi

Come tutte le esperienze VR bisogno trovare la propria configurazione, quella che si adatta di più al nostro modo di giocare e vedere una volta indossato il caschetto. Questo aspetto è molto importante per prevenire effetti collaterali come il motion sickness, ma possiamo rassicurare tutti i giocatori: The Inpatient ha un ritmo blando a livello visivo quindi il rischio è estremamente ridotto.
Scelto il sesso e la tonalità cromatica della pelle del nostro alter ego virtuale, potremo selezionare il modo di comunicazione col gioco. Supermassive Games ha deciso di implementare, oltre ai semplici pulsanti, anche la modalità a comandi vocali, attraverso cui è possibile parlare ad alta voce per selezionare una risposta durante i dialoghi. La soluzione funziona bene anche se eventuali suoni o rumori potrebbero far agire il sistema di sua spontanea volontà. La nostra prova con i comandi vocali è durata per metà gioco senza grossi problemi mentre la seconda parte abbiamo deciso di utilizzare i comandi a pad. Tutte e due le opzioni sono valide e funzionali, ma la possibilità di utilizzare la propria voce non ha dato quel qualcosa in più che speravamo.

Amnesia e Manicomio

La storia ruota attorno alle risposte che daremo con una narrazione ramificata che subisce il così detto “effetto farfalla”, con scelte che portano a diverse conseguenze. Il protagonista si risveglierà dopo un lungo ricovero, legato ad una sedia, privato della memoria e perso in un sanatorio insieme ad un manipolo di dottori ed infermieri. Il più classico degli scenari inizialmente riesce a far sentire il suo impatto visivo proprio per il fatto che saremo noi stessi bloccati sulla sedia con movimenti limitati e continui flash back a cui non sapremo dare una risposta.
Il tutto sarà “girato” quindi in un manicomio in cui non mancheranno elementi distorti in cui ci faranno “schizzare” sulla sedia. I bivi narrativi saranno la base con cui proseguire la nostra storia. Sfortunatamente le risposte che riceveremo e le situazioni create dalle nostre azioni certe volte non avranno molta consistenza rendendoci solamente partecipi degli eventi e non protagonisti. Una sorta di “succede quel che deve succedere” senza una vera e propri responsabilità del giocatore a parte qualche rara occasione.
A dare peso alla storia avremo i ricordi presenti nei collezionabili durante la nostra esplorazione degli ambienti. Questi aiuteranno anche a ricostruire il passato del protagonista dando più spessore e profondità alla narrazione. Consigliato quindi perlustrare gli ambienti in cui verremo catapultati duranti i nostri sogni ed interagire con tutti gli elementi a disposizione.

?Gameplay?

Una volta presa confidenza con gli ambienti ed i comandi potremo girare con tutta calma il “mondo” a disposizione. Questa camminata, lenta e senza possibilità di diminuire o accelerare il passo, renderà il gameplay “ingolfato”. Se già l’esperienza globale è molto breve e limitata anche il lento procedere del protagonista fa capire quando il gioco abbia poco da offrire a livello ludico.
L’interazione con gli oggetti è quasi inesistente se non per pochi elementi che verranno evidenziati e che potremo prendere in mano tramite il tasto R2. Usare il Dualshock o i PlayStation Move non porterà alcun cambiamento dato che dei restanti sette tasti ne utilizzeremo solo un altro, la X (nel caso in cui il supporto vocale sia stato disabilitato). The Inpatient si baserà quindi su poche azioni ma tante scelte elemento che potrebbe alla lunga stancare se il gioco non fosse estremamente breve.
In poco più di due ore abbiamo finito il titolo diviso da tre sessioni dato che raramente con una esperienza VR ci spingiamo oltre l’ora di gioco. Chi cerca un gioco longevo dovrebbe guardare altrove ma come scritto in precedenza i giochi di spessore per VR scarseggiano vistosamente.
La brevità della storia potrebbe essere giustificata appunto dalla presenza dell’effetto farfalla che dovrebbe garantire una sorta di rigiocabilità, ma pad alla mano questo elemento non spinge il giocatore a rivivere la stessa esperienza. Vero che le nostre risposte portano a dei cambiamenti, ma saranno veramente così importanti?

Tecnica ed Engine

Lato puramente tecnico il lavoro svolto dal team di sviluppo è encomiabile. Gli ambienti sono molto immersivi con una buona attenzione al dettaglio.
La resa visiva nella sua totalità riesce a portarci in un mondo 3d veritiero e con un bel level design anche se sono presenti delle scalettature percepibili anche su PS4 Pro.
Alcune animazioni sporadicamente risultano mal rifinite ma in generale i modelli risultano ben particolareggiati e dalle espressioni facciali credibili. Anche la profondità di campo, nonostante gli ambienti chiusi, risulta proporzionata e ben realizzata. Sfortunatamente la poca interazione manda alle ortiche il buon lavoro svolto nei vari stage di gioco.
Ottimo il comparto audio che riesce a catturare l’attenzione del giocatore con gli effetti ambientali che sfruttano in maniera egregia il suono tridimensionale per confezionare un’atmosfera davvero raccapricciante. The Inpatient è godibile in italiano con un buon doppiaggio sia dei protagonisti che dei comprimari.


I controlli non richiedono chissà quale reattività ma abbiamo dovuto faticare più del previsto nel collocare la PS Camera. Se posizionata non perfettamente in linea con il visore il gioco tende a spostarti della direzione in cui la camera è disallineata. Con nostra sorpresa tenendo premuto il tasto opzioni per centrare l’immagine non ha funzionato a più riprese. Consigliato quindi configurare al meglio l’ambiente di gioco.

No Lo sconsigliamo a tutti!

Recensione Breve

The Inpatient è uno di quei titoli che se fosse uscito per PlayStation 4 molto probabilmente sarebbe caduto velocemente nel dimenticatoio. Il titolo, sviluppato da Supermassive Games, è però usufruibile solo con il PlayStation VR e per tale ragione ne consigliamo l’acquisto, magari aspettando qualche interessante sconto. Escludendo un Resident Evil 7 o un Gran Turismo Sport, usufruibili anche senza visore, i veri titoli che fanno da leone sul device virtuale di Sony sono davvero pochi. The Inpatient riesce quindi ad incastrarsi in quel risicato numero di giochi must have per chi ha investito sulla VR anche se bei tempi di Until Dawn: Rush Of Blood sono ben lontani. Nonostante una qualità realizzativa di buon livello, l’interazione risulta risicata e guidata; il giocatore sarà in balia di una serie di eventi in cui le scelte risulteranno spesso ambigue e più deboli del previsto.
La brevità della storia ed un ritmo non sempre incalzante rendono il gioco un riempitivo nonostante il tentativo, riuscito, di delineare i confini tra realtà e sogno. Quali dei due è il vero incubo?