“Ancora una volta dentro alla breccia, cari amici, ancora una volta – o chiudete il varco coi nostri caduti!”

L’Enrico V di William Shakespeare – ecco la prima cosa che mi era venuta in mente leggendo il titolo di questo gioco, principalmente perché non so resistere ad un buon gioco di parole e un richiamo culturale.
Solo in seguito avrei scoperto quanto appropriate sarebbero state quelle parole.

Cominciando dalla fine

Into The Breach si apre in maniera piuttosto incerimoniosa – l’umanità è stata distrutta dalla minaccia Vek, le città rase al suolo e la popolazione sterminata. La tua missione è fallita ancora prima di aver cominciato a mettere mano ai controlli e non c’è stato nulla che potessi fare.
Non rimane che tornare indietro e riprovare.

Fin dai primi momenti il gioco introduce, con coerenza narrativa, le sue tematiche e meccaniche principali – l’uso della manipolazione temporale come arma e ancora di salvezza, la vastità della minaccia aliena, e la limitatezza delle tue risorse.
A difesa delle isole a cui si è ridotto il globo ci sono solo tre miseri mech, i tuoi tre miseri mech, il loro basilare armamentario e relativi piloti, poco più che reclute inesperte a causa dei salti temporali.

 

Questo è ciò che hai a disposizione per tenere a freno le inarrestabili ondate di Vek, insetti alieni in stile Starship Troopers, proteggere le vite dei civili e impedire che crolli la griglia d’energia che tiene lontano il grosso delle forze nemiche.
Questo è anche, nella maggioranza dei casi, insufficiente. La sola potenza di fuoco o gadget elaborati da soli non bastano a fermare tutti quei nemici – non solo, è raro che sia possibile arrivare allo sterminio completo di una mappa e il risultato più comune, se si gioca bene le proprie carte, è il resistere abbastanza a lungo perché i Vek abbandonino il campo.

Ciò che veramente consentirà di strappare una vittoria piena dalle fauci della sconfitta è l’intelletto.

Tra il Turn Based Strategy e il Puzzle Game

La visuale isometrica, gli obiettivi e il controllo diretto delle unità dice TBS, il fatto che gli attacchi nemici siano telegrafati così da dar modo di reagire, la sottigliezza e la profondità delle meccaniche dice puzzle game; il risultato è qualcosa di migliore dell’uno e dell’altro presi singolarmente e crea quel sublime gioco di scacchi, spostamenti, artiglieria e, talvolta, fortuna, che è Into The Breach.

Come già stabilito, i Vek non possono essere sconfitti in maniera tradizionale – sono più delle tue forze, hanno abilità che possono incapacitare le tue forze, e talvolta sono semplicemente durissimi a morire. Andare addosso ad un insetto e aprire il fuoco, come si farebbe in un normale strategico a turni, significa incorrere in un catastrofico e fulmineo fallimento.
Fortunatamente, a meno di usare alcuni mech in particolare, questo è raramente necessario; quello che realmente importa è assicurarsi che il nemico sia fuori posizione per nuocere agli obiettivi di missione, e se si riesce anche alle proprie forze.

Tanto è importante la posizionalità in Into The Breach che l’ottimo tutorial lo sottolinea e praticamente ogni singola arma e mech ha delle maniere per spostare sé stesso, gli alleati, i nemici o entrambi. Far schiantare un nemico contro gli altri o far sì che attacchi i suoi alleati è un buon modo per inflggere danni, e una spinta al momento giusto al posto giusto ha il potenziale per ribaltare una catastrofe annunciata per un proprio mech o una città in un salvataggio all’ultimo.
E serviranno tutti quei salvataggi, dal primo all’ultimo, se si vuole avere piene ricompense dall’ingaggio scelto.

Failing forward

Into The Breach è difficile, inutile girarci attorno – ma è difficile nella maniera migliore, forzando costantemente il giocatore a compiere scelte difficili e pianificare le proprie azioni una o due mosse in anticipo.
Se qualcosa va male, nella maggioranza dei casi è perché sei tu ad aver sbagliato qualcosa: magari non dovevi muovere lì il tuo mech, forse dovevi pensare meglio alla sequenza di azioni per farle combinare più efficacemente, probabilmente dovevi prestare più attenzione quando hai deciso di stare su quel pannello che sta per esplodere.

La fortuna o la sfortuna giocano una parte minore in questo gioco, che pure è frutto degli sforzi di Subset Games, le menti dietro l’eccelso rogue-lite spaziale Faster Than Light: le mappe sono costruite a mano, i danni sono fissi, sai in anticipo dove colpiranno i nemici e cosa faranno i tuoi attacchi, come il terreno si evolverà.
Severo ma giusto, Into The Breach dà tutti gli strumenti per giocare d’anticipo, giocare in maniera intelligente e, se non dovesse bastare, anche un nuovo migliore amico: il Temporal Reset, ossia la possibilità di resettare completamente il turno in corso alle condizioni iniziali.
Normalmente limitato ad un singolo uso per battaglia, va utilizzato con strategia ma senza riserve, se realizziamo di esserci condannati da soli.

Detto questo, alle volte il fallimento è inevitabile. Una serie particolarmente ostica di nemici, magari alcuni contro cui i nostri mech possono poco, possono far naufragare i nostri piani con vari gradi di disastro.
Potremmo perdere una città e con essa la vitale energia per la Griglia, e in quel caso saremmo un passo più vicini al Game Over; potremmo perdere un pilota, e qui diremmo addio ai perk che aveva acquisito con l’esperienza duramente vinta in battaglia; e se siamo già ridotti con le spalle al muro e non c’è Temporal Reset che tenga, possiamo solo rassegnarci.

Fortunatamente, se anche una timeline dovesse essere condannata, non è detto che la prossima lo sia: per il prossimo tentativo avremo la possibilità di usare uno dei nostri precedenti piloti, e avremo accesso a tutti i token acquisiti nella partita precedente.

I token sono la valuta inter-partita, ottenuta completando achievements sia globali, sia relativi a specifiche squadre di mech, à là FTL, e li useremo per sbloccare nuove squadre di mech; l’equipaggiamento e i nuclei (usati per dare più energia ai mech, usata a sua volta per alimentare sistemi) che avevamo, però, dovremo riacquisirlo strada giocando con la Reputation, guadagnata completando obiettivi di missione durante le isole e spese alla loro conclusione, sperando che ci sia la stessa roba di prima dati gli inventari randomicamente generati.
Se non dovesse esserci, beh – una scusa in più per familiarizzare con nuovi giocattoli e nuove tattiche.

Un’opera d’arte

Concludere questa recensione di Into The Breach senza spendere qualche parola sulla sua fantastica colonna sonora o sulla sua vivace e dettagliata grafica in pixel art sarebbe un crimine.
Composta da Ben Prunty, già di fama FTL-iana, l’artista torna col suo stile minimalista ed evocativo a iniettare vita in un mondo sull’orlo del baratro, distinguendo chiaramente le sue aree e dando loro forme e colori suggestivi, elevando la già più che buona grafica.

L’unico piano su cui Into The Breach risulta essere carente è quello della storia: nonostante ognuno dei piloti abbia una sua personalità e varie battute in base alla situazione, il gioco non risponde alle domande d’ambientazione che solleva, come siano arrivati i Vek, chi abbia sviluppato queste capacità temporali e perché la Terra sia così com’è nel gioco. Non sorprende troppo, considerando che le aree e le sotto-missioni per battaglia sono casuali ad ogni nuova partita e le storie proceduralmente generate tendono ad essere un miscuglio caotico di parole ed eventi più spesso che no, ma delude leggermente il non poter andare fino a fondo in questi piccoli misteri.

Questa piccola mancanza a parte, che peraltro non incide sul gameplay fulcro del titolo, fatico a trovare altre pecche nel gioco.
Into The Breach è, a tutti gli effetti, un capolavoro – e se anche la Terra del gioco dovesse essere condannata a decine e decine di nostri fallimenti, la nostra può essere felice di assistere ad un nuovo, strabiliante successo di Subset Games.

No Lo sconsigliamo a tutti!

Recensione Breve

Into The Breach è un assoluto capolavoro, tanto come gioco di strategia a turni quanto come puzzle – eccellente sotto entrambi gli aspetti, li combina con maestria in un intelligente, profondo ed entusiasmante gioco di scacchi con artiglieria, mecha, jet e insetti gianti.

A metà tra i due generi, ogni missione è una dura ma non ingiusta sfida per le nostre capacità tattiche in cui l’obiettivo è meno schiacciare gli avversari, superiori in numero e mai a corto di rinforzi, e più il completare le missioni che il gioco assegna; con mosse limitate e sole tre unità, è vitale fare uso di ogni sottigliezza delle meccaniche e di ogni errore nelle mosse avversarie per strappare la vittoria dalle fauci della sconfitta.

Nello stile di Faster Than Light, la progressione è data dal completamento di achievements ed espandono ogni volta il gioco, dando accesso a nuovi piloti per mech, nuove squadre di mech e nuove opzioni, mentre le campagne semi-casualmente generate assicurano che ogni scontro sia una battaglia a sé, anche se le mappe non lo sono.

Altamente rigiocabile, arduo ma non ingiusto e meccanicamente profondo, Into The Breach rende ogni ingaggio una sfida e una gioia, mai correndo il rischio di risultare noioso.
Eccezionale e caldamente consigliato agli amanti dei generi – e anche ai loro amici, e agli amici degli amici.