Ho aspettato tanto per scrivere questa recensione. Ho aspettato che l’hype scemasse, che l’entusiasmo della novità venisse meno, che la mia mente fosse lucida e priva de scariche di adrenalina causate dai combattimenti serrati con i centauri e i colossi. Ho atteso invano, perché è quasi tutto ancora nella mia testa.

Questa recensione arriva in ritardo, dopo una sfilza di voti tra la perfezione e il capolavoro, per una scelta ben precisa: avere un quadro quanto più completo possibile del gioco, di tutte le sue ambientazioni e soprattutto di come esso si rapporti ad un giocatore che si gode il viaggio con calma e non perennemente braccato dai “tempi delle recensioni”.

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L’attesa e l’interesse attorno a The Legend of Zelda: Breath of the Wild sono stati tali che avere tra le mani questo titolo, dopo anni di attesa, già da solo lascia il solco anche nella più obiettiva delle menti. Figurarsi per uno come che è nato lo stesso anno di Link e che negli ultimi anni ha visto la propria vita cadenzata dalle avventure in difesa della principessa.

Qui c’è tutto The Legend of Zelda, ma anche qualcosa di completamente nuovo e diverso, per certi versi magico al punto da togliere il fiato.

Ricordi sbiaditi

Link si risveglia da un lungo sonno durato cento anni con i ricordi del proprio passato sopiti nella sua testa e tante domande. Dopo pochi passi il regno di Hyrule si staglia in tutta la sua maestosità e magnificenza. Gli occhi si illuminano difronte a questo paesaggio. Inizia così l’avventura di Link in Breath of the Wild.

Nella prima mezzora il gioco ci mette davanti un’esplorazione molto guidata con passaggi quasi obbligatori che farebbero presagire un filo conduttore regolato dalle stesse linee guida della serie. Ma questa illusoria linearità è solo un breve tutorial che ben presto ci abbandona nel mondo di gioco, dandoci qualche indirizzo da seguire e poco altro.

Link è fuori, nel mondo, ignaro del suo passato e del suo destino. Ben presto, però, scoprirà la verità su di sé, su Hyrule e sulla calamità Ganon. Una verità a cui tutti siamo abituati, ma che non percorre, tuttavia, le strade e i tracciati soliti a cui Nintendo ci ha abituati. Come i fiumi e i laghi del regno di Hyrule, la trama di The Legend of Zelda: Breath of the Wild è solo una traccia, un tronco attorno al quale passo dopo passo si ceselleranno i nostri personali rami di vicende, scontri e missioni.

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Escluso l’obiettivo finale, la sconfitta di Ganon, tutte le sfide, sia principali che secondarie, non devono per forza essere completate per raggiungere il traguardo. Al giocatore viene dato un punto di partenza, un punto di arrivo e tra di loro un mare di opportunità.

In effetti, a conti fatti, la storia di questo titolo è semplice e lineare, ma perfettamente adattata alla natura open world del gioco. La vera storia la compone il giocatore, decidendo dove andare e cosa fare in totale libertà. Sullo sfondo c’è il crollo del regno e il fallimento di una missione passata che richiederà uno sforzo notevole per essere portata a termine.

Per dare comunque corpo alla storia è stato utilizzato il semplice, ma efficace, stratagemma dei flashback, che nutrono il viaggio con il loro passato epico, ma dalle vicende molto umane ed emotive che rendono ogni passo in avanti un passo verso la maturazione e consapevolezza del ruolo di Link.

A differenza del passato sarà il giocatore a stabilire quando Link sarà diventato eroe e sarà pronto per affrontare Ganon senza dover passare prima per prove di forza obbligate o recuperare particolari oggetti specifici.

Basta addentrarsi anche solo per qualche missione in quelle che sono le avventure principali per restare sorpresi da tanta maturità e intensità di trama. Perfino il più introspettivo e “adulto” The Legend of Zelda: Twilight Princess sparisce difronte al sceneggiatura e alle cutscene messe in mostra in Breath of the Wild, con un mix di dolore, entusiasmo e fermezza che è lontano anni luce dalle bucoliche fiabe degli ultimi capitoli.

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The Legend of Zelda: Breath of the Wild per la prima volta mostra una Hyrule da cinema e non da libro delle favole.

Pura poesia da cell shading

Eppure non siamo difronte a una grafica realistica, ma per l’ennesima volta è il cell shading a farla da padrone. Stupisce infatti quanto poche e nette pennellate di colore possano bastare a dare corpo e anima ad ambiente e personaggi. Colori netti, ma anche fluidi e amalgamati tra di loro grazie all’uso sapiente di texture e modelli.

Il colpo d’occhio di Hyrule toglie il fiato sia che ci si trovi sul picco di una cascata delle terre Zora, sia che si stia attraversando l’arido deserto Gerudo. Complice il giusto mix tra linea d’orizzonte profondissima e popup di elementi del paesaggio sulla media distanza, il mondo di gioco circonda nella sua interezza l’eroe in ogni passaggio. Le montagne, i laghi e i fiumi sono sempre visibili e presenti, spingendo a provare a raggiungerli per scoprirne i segreti o anche solo il loro panorama.

La mappa di gioco è sconfinata non solo per quel che riguarda lo spazio, ma anche per la densità di luoghi e situazioni presenti in essa. Prendere un sentiero non vuol dire raggiungere un luogo, ma attraversare una regione nella quale anche il più isolato albero potrebbe nascondere un materiale da recuperare o un nemico nascosto.

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Oltre ad essere enorme, il regno di Hyrule è variegato e sfaccettato, caratteristiche che accomunano molti dei titoli della serie, ma che in Breath of the Wild forse per la prima volta sono così amalgamate tra di loro da creare un unicum, un mondo di gioco coerente e vivo in cui anche nelle situazioni più isolate sentite il pulsare del mondo che vive. Per di più anche i passaggi tra una zona l’altra sono così impercettibili che quasi non ci si accorge di aver superato il confine di una regione.

In The Legend of Zelda: Breath of the Wild ogni ambiente non esiste perché deve dar vita a una missione, ma è la missione a esistere perché esiste quell’ambiente.

Anche gli effetti particellari e gli effetti di luce sono sviluppati con una pulizia ed una efficacia che solo in rare occasioni mette in luce i piccoli difetti grafici del gioco (di cui parleremo tra poco).

Plasmo la materia, sfrutto gli elementi

Il punto di rottura, il crack che tramuta il titolo da ottimo gioco a capolavoro è la magistrale realizzazione e implementazione della fisica e della chimica. Non solo l’ambiente di gioco è vivo, ma ogni elemento, dai personaggi allo scenario, risente di cambiamenti climatici, condizioni atmosferiche e reazioni a fuoco, acqua, ghiaccio e fulmini.

Così accade che sotto la pioggia le fiaccole e le frecce di fuoco si spengano e le pareti rocciose siano scivolose, oppure che un alto picco, anche se posto una pianura mite, abbia un temperatura tale da costringere Link a indossare indumenti antifreddo. Allo stesso modo il fuoco brucia i campi, i rovi e perfino i tronchi. Si può perfino usare una freccia shock in acqua per paralizzare e craftare un bel mucchio di pesci.

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Sconfinate sono le applicazioni possibili e le variabili che sono state inserite per dare una massima credibilità all’ambiente di gioco, come ad esempio la possibilità di usare un materiale specifico per far fluttuare oggetti.

Un plauso va fatto anche ai personaggi ed ai nemici e che sono caratterizzati in maniera impeccabile, soprattutto per quel che riguarda gli NPC principali della storia. Pochi colpi di colore e le giuste proporzioni e segni distintivi riescono a dare forza e carattere ad ogni abitante di Hyrule, fauna e flora comprese. In questo caso unica nota leggermente stonata sono i boss dei colossi, troppo simili tra di loro per le fattezze e meno carismatici di altri.

Anche il design di armi, oggetti e delle strutture in generale è cesellato in maniera sopraffina pur restando fedele alla semplicità di linee dettata dal cell shading. Mi sento di mettere in evidenza in special modo la maniacale attenzione per i dettagli delle armi e armature delle varie razze: davvero fantastiche.

The Legend of Zelda: Breath of the Wild rapisce tutti i sensi e li condisce con la poesia che solo Nintendo riesce a dare a Hyrule.

La (im)perfezione di Link

Questa vastità di spazio e vitalità dell’ambiente hanno il pregio di essere sempre disponibili senza periodi di caricamento tra una location e l’altra, fattore incredibile se si pensa a quanto il gioco abbia da offrire (ed elaborare). Se si escludono i teletrasporti rapidi, l’accesso ai sacrari e i caricamenti all’avvio del gioco o dopo un game over, l’avventura è tutta disponibile e scorre via fluida con pochissimi tempi morti.

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A dire il vero fluida non è proprio il termine adatto perché, dobbiamo dirlo per correttezza, sia su Nintendo Switch che su Nintendo Wii U il gioco alcune volte tentenna con evidenti cali di frame rate che in rari casi crollano in paurosi attimi di freeze del gioco, che possono durare anche più di due secondi.

A questo, a voler essere puntigliosi, si aggiunge un po’ di aliasing che “sporca” in alcune situazioni la bellezza del paesaggio. Questi difetti derivano dalla origine del gioco sviluppato un po’ su Wii U un po’ su Switch. Nella maggior parte dei casi comunque non vi accorgerete di questi difetti, impegnati come sarete a esplorare e ammirare gli scorci più suggestivi.

Discorso completamente opposto invece per il comparto sonoro che, nonostante non veda più al timone Koji Kondo, mantiene uno standard elevatissimo. La colonna sonora è di quelle da tenere in playlist anche fuori dal gioco con tracce molto variegate ed evocative, con un connubio perfetto di suoni moderni e sonorità tradizionali.

Mix di vecchio e nuovo che si presenta anche nella campionatura sonora che mette in soffitta molti suoni e ne modifica altri per renderli più attuali e spezzare, come molti degli altri elementi del gioco, le convenzioni della serie. Con un paio di cuffie collegate alla console (o nel mio caso al pad di Wii U) si resta spesse volte fermi ad ascoltare i “rumori” della natura amalgamati al tintinnio suadente delle fate o dei Korogu. Poesia.

A questo si aggiunge il doppiaggio in lingua italiana delle scene di intermezzo. Una novità assoluta che dona maggiore enfasi e emozione ad alcuni passaggi focali del gioco. Link non parla ancora, ma grazie a questa aggiunta il carattere dei personaggi e le loro personalità assumono uno spessore mai immaginato per la serie.

Il regno delle opportunità e della creatività

Il quadro finora descritto è solo lo sfondo di quello che è un gameplay solido, intenso e dinamico. In barba ai puristi della serie, in The Legend of Zelda: Breath of the Wild è un concentrato di tutto quello che un giocatore vorrebbe trovare in un open world.

Le missioni principali sono forse l’unico punto di contatto con il passato di The Legend of Zelda soprattutto per quel che riguarda quelle dei colossi che ricordano molto i dungeon ai quali siamo abituati. Ma i contatti terminano qui, poiché la varietà di tipi di missioni è tale da confondere nelle prime battute per poi essere il vero fattore di immersione nel gioco.

Le missioni secondarie mai banali, le divertenti scorrerie in territori ostili e i puzzle dei sacrari da completare si trovano un po’ dappertutto e rendono l’esperienza di gioco sfaccettata e godibile anche senza il peso opprimente di una trama preponderante.

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Con chimica e fisica che governano il mondo come mai prima d’ora in un videogame, il ventaglio di approcci alle singole avversità e situazioni è pressoché infinito, grazie anche alla essenzialità e funzionalità dei limati gadget della tavoletta Shekah, il nucleo attorno al quale ruotano le abilità speciali di Link. Ci sarà spazio per i giocatori più action e per quelli che preferiscono la furtività; si potrà essere strategici, con le combinazioni di materiali e abilità, o acrobatici, provando a eseguire il contrattacco contro i nemici.

La gestione delle risorse e delle armi è un altro dei punti di forza del gameplay. I tanti utilizzi disponibili per le risorse li rendono non semplice “carne da rupie” ma oggetti multifunzione. Accade così che una semplice mela può essere venduta o mangiata, ma anche usata per ricette più efficaci o addirittura come esca per distrarre i nemici.

Cucinare in The Legend of Zelda: Breath of the Wild è una delle attività fondamentali per avere vantaggi o oggetti utili in caso di pericolo.

È presente anche il deterioramento delle armi e le loro differenze di colpi in base al tipo che sulle prime provocano frustrazione, ma in seguito obbligano a tanta pianificazione nel loro utilizzo e nella loro preservazione.

Anche il menù rasenta la perfezione con sezioni chiare, comandi sempre disponibili, sfide e missioni facilmente accessibili e possibilità di salvare in qualunque momento. Proprio quest’ultima possibilità offre al gioco la versatilità per essere giocato sia per lunghe sessioni che per brevi partite.

La mappa è un altro degli elementi nei quali si riscontrano difetti zero. La possibilità di pinnare luoghi di interesse e il poter segnare alcuni punti con dei timbri diversificati per ricordarsi la posizione per esempio scrigni ancora chiusi o mostri particolarmente complessi, è l’ennesima dimostrazione di come il mondo di gioco sia stato creato per essere un grande palcoscenico senza limiti e con tante opportunità di interazione e di progressione.

Conclusione e commento dell’autore

Difficile dare 10 ad un gioco perché la perfezione non esiste, ma questo The Legend of Zelda: Breath of the Wild è quando di più vicino alla perfezione si sia mai visto su una console Nintendo. Escludendo qualche piccolo neo grafico, il gioco ha un gameplay completo e vario al quale la trama, giustamente poco invasiva, e le regole di fisica e chimica offrono una libertà e un verismo mai vista in un open world.

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Questa nuova avventura di Link riesce nella difficile impresa di stravolgere la serie senza per questo comporre un quadro storpiato di quello che è il retaggio del passato. Per certi versi questo Breath of the Wild sembra essere il vero diretto discendente del primo iconico The Legend of Zelda.

È stato difficilissimo scrivere di questo gioco, ma era un atto dovuto a voi utenti e alla qualità del prodotto. Tralasciando le inevitabili polemiche sul perfetto/non perfetto, The Legend of Zelda: Breath of the Wild è un capolavoro assoluto che in futuro potrebbe essere considerato una pietra miliare dell’industria videoludica. Questo open world di Nintendo ha impresso al mercato uno standard per le produzioni future che speriamo offra tante fonti di ispirazione ad altri sviluppatori.

A mio modo di vedere oggi siamo partecipi di una piccola rivoluzione che sarà storica, molto simile a quella di Ocarina of Time, forse anche più importante. Il più grande difetto del gioco è che prima o poi finirà e non so come reagirò allora.

No Lo sconsigliamo a tutti!

Recensione Breve