In questa torrida estate appena iniziata pare proprio che Nintendo abbia deciso di apparecchiare una campagna di marketing poderosa che sta scuotendo il settore videoludico che sta vivendo in questo periodo una sonnolenta fase di stanca, con poche vendite e sporadiche nuove IP di peso e tante remaster.

Uno dei pilastri di questa nuova filosofia commerciale dell’azienda giapponese, insieme alla maggiore presenza di spot pubblicitari, alle apparizioni pubbliche e al marketing più violento e ammiccante agli over 18, è senz’altro il fattore amarcord.

Questo desiderio di ritorno alle origini e al passato glorioso della nascita del fenomeno videogioco affonda le sue radici nel gusto, tutto contemporaneo, per la riscoperta e riesumazione delle vecchie glorie di questa industria. Un fenomeno che pizzica le corde dei ricordi dei giocatori meno giovani, spesso critici verso la corsa sfrenata al fotorealismo e alla accessibilità di gameplay ad ogni costo, e che attira i nuovi giocatori, curiosi di conoscere il passato della loro passione e sempre pronti a cavalcare l’onda del prodotto del momento.

Nintendo Classic Mini: Super Nintendo Entertainment System (che a rileggerne il nome sembra uno scioglilingua), più familiarmente chiamato SNES Mini annunciato a sorpresa in questi giorni e pronto al lancio già per il prossimo 29 settembre, è solo l’ennesimo esempio di quanto Nintendo, e non solo lei, stia puntando a quello che potremmo definire il  neoclassicismo videoludico, che rispolvera e riporta in vita dai loro sarcofaghi da collezionisti titoli di lustri fa che hanno segnato e scandito la vita dei vecchi giocatori.

Una campagna dal forte sapore nostalgico che con poco lavoro e qualche colpetto di trucco qua e là (vedi l’arrivo a sorpresa su SNES Mini del mai pubblicato Star Fox 2) sta dando i suoi frutti in termini di popolarità e di vendite con sold out fin dove occhio può vedere. Basti pensare a quanto NES Mini (o meglio Nintendo Classi Mini: Nintendo Entertainment System) abbia sbancato in quei pochi mesi in cui è stato commercializzato.

Questo revival old gen lo ha operato Nintendo con successo, ma lo ha provato a realizzare, con un po’ meno successo, Sega con Mega Drive, e da tempo ci sta provando Atari con le varie edizioni (poco conosciute al vero) di Atari Flashback.

Nintendo indubbiamente ha dalla sua un parterre di star first party che nessuno può vantare e una potenza economica che permette campagne di marketing più d’impatto. Tutta questione di soldi e prestigio quindi? No, Nintendo mette al centro del suo marketing il gioco e, come ha detto anche Reggie all’E3 2017, gioco è divertimento, il che mette in secondo piano l’aspetto grafico e eleva la giocabilità e la sfida a cuore del videogioco.

Come accadde nel neoclassicismo artistico, con il ritorno dei canoni estetici antichi, così accade che gli sgranati e spigolosi personaggi del passato ritornino ad essere la forma espressiva per i giochi più elitari. Il vecchio giocatore direbbe: “Tutti bravi a giocare a Breath of the Wild ora, ma provate a completare oggi The Legend of Zelda: A Link to The Past.”

Non sappiamo quanto questo ritorno al passato sia sintomatico di una carneza di visione o progetti, di idee degli sviluppatori o di desideri dell’utenza (alle volte troppo radicati sui brand storici), ma è lecito aspettarsi che non sia finita qui. Perché da casa Kimishima-Miyamoto arriverà sicuramente anche Nintendo 64 Mini e forse anche una serie Classic Mini dedicata a Game Boy (Advance pare quasi una certezza). E chissà se non decidano per i prossimi anni di lanciare anche GameCube Mini, che sarebbe il colpo di grazia per il cuore e le tasche di molti appassionati, in primis le mie.

Di certo le altre case non staranno a guardare, a mio avviso, perché Sega deve ancora mettere sul piatto della nostalgia il suo Dreamcast (e lì pioverebbero giù applausi e pianti di giubilo) mentre Sony potrebbe fare il colpaccio piazzando la doppietta PlayStation e PlayStation 2, che con la forza economica dell’azienda nipponica sarebbero successo assicurato. Meno probabile, anche se non impossibile, che Microsoft presenti la prima Xbox in versione “mini”. Tutti sul carro del vincitore? Forse sì, forse no. Il dubbio rimane perché rivangare troppo a fondo nel passato potrebbe essere un’arma a doppio taglio per l’immagine presente di una azienda.

Mettendo un po’ di speranza nel motore della nostra proiezione sul futuro, nell’attesa che questa apparente crisi di idee e del gusto dell’utenza dell’industria videoludica finisca e che nell’arte ludica rinvigorisca l’essenza magica e imaginifica, ben vengano i ritorni del passato piuttosto che storpi e monchi prodotti realizzati con l’urgenza dei tempi frenetici del mercato. Tuttavia troppo passato, troppe lacrime, troppi ricordi sono solo una soluzione tampone per rimpolpare le casse e la popolarità di un brand. Serve qualità, innovazione e sperimentazione.