Le relazione strette non sono mai facili da affrontare. Lo sa bene la mia segretaria che da anni vive un complesso tira e molla con un curioso omino con i baffi folti che va sempre in giro vestito in rosso e blu. Ci sono alti e bassi e spesso qualcosa si rompe irrimediabilmente, mentre altre volte invece tutto fila liscio, per fortuna. Così come nel rapporto tra persone anche in quello tra publisher posso accadere questi eventi benefici e distruttivi.

Sappiamo tutti quanto Nintendo sia una compagna difficile da soddisfare e tenga tanto alla propria indipendenza e a valorizzare le proprie esclusive di qualità. A voler ricordare tutte le volte che abbiamo sentito lamentele per la mancanza di titoli terze parti sulle console dell’azienda giapponese staremo qui seduti per giorni. Del resto il supporto alle console, soprattutto a quelle casalinghe, di Nintendo è sempre stato propedeutico alla loro diffusione sul mercato, a qualche limite tecnico e ai costi di sviluppo che in qualche caso non hanno aiutato. Si parla sempre di chi non c’è stato, di chi non ha partecipato con lo sperato supporto alle varie incarnazione della filosofia videoludica Nintendo. Si parla degli assenti ma non dei presenti.

Eppure ci sono alcuni che non hanno mai lesinato titoli per le console dell’azienda di Super Mario come nel caso di Ubisoft che grazie agli sforzi passati negli ultimi anni ha avuto modo di entrare a piccoli passi nel mondo di Nintendo conquistando la sua fiducia fino a poter mettere su franchise e personaggi iconici di Nintendo che quasi mai sono stati manipolati da sviluppatori esterni. Emblema di questa fiducia acquisita è Mario + Rabbids: Kingdom Battle che rappresenta la gemma della corona di questo rapporto proficuo. Una fusione di brand che trascende le barriere dello sviluppo e che ha dimostrato quanto un buon team (italiano per giunta) possa trattare con rispetto un mostro sacro di questa industria e portare idee e novità che funzionano e che soprattutto sono approvate da Nintendo.

Se perfino Miyamoto ha detto sì…

Il buon lavoro paga e dopo Mario + Rabbids Ubisoft ha avuto anche un altro onore-onere da parte di Nintendo: lavorare con il personaggio di Fox Mcloud, la volpe stellare che per molti anni ha vissuto successi al dir poco altalenanti. Il risultato è stato Starlink: Battle for Atlas: un multipiattaforma è vero, ma i contenuti esclusivi provenienti dalla serie Star Fox presenti solo sulla versione per Nintendo Switch paiono dare a quest’ultima una immagine diversa rispetto a quanto proposto su PlayStation 4 e Xbox One e anche gli spot commerciali, che puntano alla versione per la console ibrida di Nintendo, lo fanno quasi sembrare una esclusiva. Quasi come se Fox fosse il protagonista del gioco.

Publisher prima che sviluppatore

Tralasciando l’analisi di questo titolo, che spetta alla recensione che arriverà presto sulle nostre pagine (molto presto), questa dimostrazione di fiducia, figlia del rapporto amichevole tra questi due colossi dell’industria non è cosa di tempi recenti ma parte da molto lontano e non ha mai smesso di essere profonda e apprezzata. Agli inizi, erano gli anni novanta, c’è da dire che Ubisoft si è espressa soprattutto in qualità di publisher su console Nintendo portando un corposo bagaglio di titoli dai generi, fogge e risultati variegati. Uno dei primi esempi accreditati è rappresentato da Indiana Jones and the Last Crusade: l’anno era il 1993, la console Nintendo Entertainment System.

Nel corso degli anni, da brava compagnia terze parti, Ubisoft ha sempre mantenuto la sua indipendenza e ha portato i suoi titoli su console Nintendo quasi sempre come multipiattaforma e non come esclusiva. Tra questi è giusto citare una curiosità: è stata proprio Ubisoft a pubblicare nel 1999 in esclusiva su Nintendo 64 Rocket: Robot on Wheels, il primo titolo sviluppato da Sucker Punch Productions, gli stessi della serie Infamous che si apprestano a pubblicare l’interessantissimo Ghost of Tsushima. Non un titolo da ricordare per la sua perfezione e forse nessuno se lo ricorda davvero, ma è pur sempre il punto di partenza di uno studio che oggi dimostra qualità apprezzabili. Del resto quelli erano gli anni di NES e SNES, quelli del quasi predominio Nintendo. Era quella l’aspirazione maggiore per un editore di videogiochi. Erano altri tempi.

La svolta del controllo di movimento

L’azienda francese, oggi diventata una multinazionale con decine di sedi sparse nel mondo, nel corso degli anni non ha mancato di mettere a disposizione delle console di Nintendo le sue “specialità della casa” perfino quando PlayStation ha cambiato gli equilibri in campo facendo li pendere tutti a suo favore. Il vero passo importante, tuttavia, per questa partnership è avvenuto in tempi recenti, ma neanche poi tanto recenti, ed è stato rappresentato dalla pubblicazione della prima esclusiva sviluppata e pubblicata da Ubisoft per una console Nintendo: Red Steel su Nintendo Wii. Certo, non è stato il capolavoro che tutti ci potevamo aspettare, con quei controlli motion per pistola e katana che tanto promettevano ma non tantissimo hanno offerto in realtà. Un gioco che soffriva di difetti evidenti e figlio di una console acerba e con altri target rispetto al maturo e violento tema trattato dal gioco. Eppure è stato un passo importante che ha aperto a nuove possibilità.

Chi se lo ricorda Red Steel 2?

Permettetemi di dire che la mia esperienza personale certo non me lo fa annoverare tra i miei videogiochi preferiti, ma ebbe un impatto notevole sulla percezione che avevo di Wii. Tutti parlavano di una console per giocatori occasionali, mentre si riusciva ad intravedere qualcosa che potesse compiacere anche la mia maturità di quel tempo. Questo soprattutto perché quell’esperimento ha permesso di avere tra le mani la perla, forse da troppi dimenticata, Red Steel 2,sempre esclusiva Wii sempre sviluppata da Ubisoft, che travalicava la maggior parte dei difetti del primo capitolo e offriva un titolo hack n slash in prima persona certamente da provare. Non si deve dimenticare che negli stessi anni Ubisoft ha avuto il pregio di pubblicare per l’Occidente il primo No More Heroes e fatto conoscere ancora di più a noi utenti europei la folle ma creativa mente di Suda 51, dimostrando di avere più di qualche moneta da puntare sul cavallo Nintendo.

Proprio gli anni dei controlli di movimento e della console per famiglie di Nintendo si può trovare la grande fortuna di questo sodalizio che proseguì grazie all’arrivo del primo Just Dance, ancora una volta in esclusiva. Nato da una costola di Rayman Raving Rabbids: TV Party, questo titolo musicale faceva dei peculiari controlli della piattaforma Nintendo il cardine dell’esperienza di gioco aiutando a creare l’ecosistema adatto per accogliere i giocatori da sempre lontani dal mondo dei videogiochi, quelli che poi furono denominati “casual gamer”. La serie Just Dance ha preso da tempo la via del multipiattaforma, ma non smette mai di tornare a bussare alla porta di Nintendo e dei suoi peculiari controlli di movimento.

Ubisoft ha anche avuto un ulteriore onere/onore quando ha fatto parte della risicata lineup di lancio di Nintendo Wii U con il titolo esclusivo, poi passato su altre console: Zombi U. Uno dei giochi che ha più diviso l’opinione pubblica al lancio della sfortunata e mal supportata console. Uno di quei titoli da amare alla follia o odiare come la peste. Nel bene o nel male Ubisoft c’era in quel momento buoi con questo particolare progetto e con la lista, parca ma accettabile, di porting che sono arrivati nel corso del tempo su Nintendo Wii U nel tentativo di riempire le voragini da assenza di software che hanno caratterizzato la vita della piattaforma. Dopo questa parentesi si arriva ai giorni nostri con i titoli ciati all’inizio e con qualche promessa per il futuro.

Zombi U: amato o odiato?

Mancanze e speranze

Certo se vogliamo analizzare il quadro generale del supporto di Ubisoft a Nintendo non possiamo che ammettere che qualche grosso calibro ha sempre stentato ad approdare nella casa di Mario. Non è chiaro quanto abbia influito il divario tecnico delle varie piattaforme rispetto alla concorrenza, ma alcune saghe e prodotti storici mancano e forse mancheranno ancora per questa generazione. Ubisoft sta tentando di riempire questa piccola lacuna con la sperimentazione di tecnologie avveniristiche, come nel caso della versione cloud di Assassin’s Creed Odyssey disponibile sullo store giapponese. Forse troppo precoci per i tempi, soprattutto in Italia, questi metodi di fruizione del medium videoludico, ma almeno non c’è la percezione di una rassegnazione.

Non sappiamo quali sono i piani di Ubisoft per i prossimi anni in relazione alla partnership con Nintendo, ma la speranza è che il supporto continui con le esclusive dirompenti (qualcuno come me spera in Mario + Rabbids 2) e con qualche sorpresa che non farebbe mai male, come la speranza di una versione Switch di Beyond Good & Evil 2 (vana speranza, ma pur sempre speranza). Chiudo quindi il fascicolo di Ubisoft e spengo ancora una volta la luce del mio studio, sperando che il prossimo paziente sia altrettanto facile e piacevole da analizzare.